Un pensamento da un volontario.
Quando guardiamo la televisione, ascoltiamo la radio e sentiamo parlare degli sbarchi degli immigrati non ci rendiamo conto fino in fondo che si tratta di esseri
umani, di persone e non di numeri. Oggi ne sono morti 100, ieri altrettanti, ma chi
erano? Tutti senza un nome, senza una storia, ma ecco, chi si è salvato da questo
calvario inimmaginabile è qui con occhi profondi, che cercano ascolto e attenzione,
bene, questo è quello che faccio, dedico tempo.
Alla scuola di Rebbio vive stabilmente un gruppo di donne nigeriane di età compresa tra i 18 e 30 anni, molte sono arrivate con i loro bambini, altre invece li portavano in grembo. L’arrivo in Italia, la luce in fondo al tunnel, la conclusione delle torture subite lungo il viaggio; accoglienza, cure, ascolto, si certo, c’è stato tutto questo, ma il dolore per queste donne senza storia non si conclude qui. Il viaggio dal Paese d’origine al paese di destinazione è sempre mediato da una figura enigmatica, protettrice e aguzzina, che promette lavori gradevoli buoni stipendi e possibilità di ricongiungimenti familiari; dopo lo sbarco e i primi controlli la “guida” inizia a manovrare le sue donne come pedine degli scacchi, le muove nelle varie città italiane e perché no, anche in altre città europee; dalla serie di racconti ascoltati mi sono resa conto che Torino è un punto focale di tutto questo, come un grande magazzino di esseri umani, dove vengono selezionate e divise, nonostante la mansione a loro dedicata sia sempre la stessa: la prostituzione.
Bene, ora mettiamoci nei panni di una 18enne nigeriana, che vive in un paese dove qualsiasi atteggiamento religioso o politico non prettamente stabilito può farti saltare la testa, una persona che si mostra come fidata, o comunque nella disperazione del momento tra morire aspettando e rischiando, vai ti fidi, ti lanci e parti, i presupposti sono ottimi, paghi e ti assicurano la salvezza durante il viaggio e un lavoro dignitoso, non sembra così male, soprattutto se l’obbiettivo è aiutare la famiglia che rimarrà al Paese, la quale conta al 100% sulla riuscita di questa impresa. Arrivi in Italia, vieni spostata in fretta e furia a Torino dove ti viene schiaffata in faccia la realtà, dove incontri altre connazionali giovani come te se non di più che lavorano in strada, alcune per pagare il debito del viaggio, altre sotto minaccia (la “magia nera” ha un potere smisurato su queste ragazze), ecco qui cosa faresti? Alcune cedono e iniziano a lavorare per paura di andare incontro a maledizioni o peggio ancora alla morte loro e della loro famiglia, altre scappano.
Ricordiamoci sempre che queste ragazze scappano ma non sanno
dove andare, non hanno visto nulla se non la struttura di Lampedusa e la casa di
Torino. E poi, scappare, una parola che nella vita di queste giovani ritorna
inesorabilmente, alcune di loro senza vergogna mi hanno raccontato la fuga e il
dormire per strada, per mesi, per evitare quel lavoro degradante e umiliante, altre
timidamente me l’hanno fatto capire, sono donne, confessare di aver vissuto per
strada nelle periferie delle città italiane è comunque un disonore. Ma tutto non può
finire così, alcune di queste giovani ragazze vengono poi aiutate a trovare delle
strutture protette o comunque sicure in cui cercare di ristabilire una vita “normale”,
affiancate spesso da professionisti dell’aiuto. Qui il lavoro degli operatori è
fondamentale, ci vuole cura e amore, il dolore che queste giovani donne portano con sé a noi oscuro deve dare la forze di continuare a lavorare con dedizione e pazienza, perché le avversità per loro non sono finite; la figura enigmatica, nonché colei/colui che gestisce la tratta, mantiene un ritmo costante per le sue minacce, le giovani spesso crollano in pianti isterici, in attacchi di panico, si sentono sole e si sentono stanche, non c’è cura immediata ai mali del cuore. Non c’è nulla di più doloroso che guardare negli occhi una giovane ragazza convinta di morire di li a poco per mano di chi gli aveva promesso una vita migliore.
Ludovica
Questi articoli sono la ricerca verso la prossima collezione costumi da bagno sostenibili da emroce. La collezione sarà fatto a spreco zero e con l'aiuto delle ragazze alla scuola dei rifugiati a Rebbio. Parlerà della crisi dei rifugiati qui in Italia nella speranza di ottenere alcune informazioni reali e di ispirare gli Italiani a sentirsi più orgogliosi della loro situazione per aiutare. La collezione sarà esposta nelle gallerie d'arte di Milano e Como. Guarda le collezioni di spreco zero precedenti di emroce...
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